La raccolta del sughero
La raccolta del sughero, materiale affascinante, eclettico, naturale ed ecologico.
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Utilizzato dall'uomo da migliaia di anni, sicuramente almeno dai tempi dei nuraghi in Sardegna. Come avviene la raccolta del sughero? Come si svolge la stagione dell'estrazione? Quali difficoltà comporta? Andremo in questo breve saggio ad analizzare le varie fasi dell' estrazione e raccolta del sughero in Sardegna.Anzitutto l'origine:
il sughero è la corteccia della Quercia da sughero ( Quercus Suber), albero delle fagacee che raggiunge età secolari e dimensioni notevoli, e che per la sua maestosa bellezza e importanza, non solo economica, gode di grande rispetto e tutela legale. L'estrazione del sughero può avvenire ogni 10 anni, come stabilito dalla legge e dal buon senso, per evitare un eccessivo sfruttamento della pianta che lo produce. Ma, se la sua maturazione e il suo spessore non sono adeguati per la lavorazione, questo lasso di tempo può venire prolungato sino a 12-15 anni. La prima decortica di una giovane quercia avviene quando questa ha circa 20-25 anni e comunque solo se la sua circonferenza, misurata a 130 cm da terra, è superiore ai 60 cm. Questa operazione di messa in produzione viene detta demaschiatura, o anche domatura, e va effettuata con molta accortezza. Il prodotto che se ne ottiene, detto sugherone, o sughero maschio, è di scarsa qualità e il suo valore non riesce a ripagare neanche il costo del lavoro per l'ottenimento: è un materiale utilizzabile esclusivamente per la macinazione e successiva agglomerazione; viene utilizzato in modo particolare per la realizzazione di pannelli coibentanti, ma anche fogli di rivestimento, zeppe per scarpe, souvenir di tipo industriale. Come detto è un lavoro economicamente sconveniente, ma va fatto per avere in seguito nuovo sughero, sia per aumentare la produzione totale, sia per rimpiazzare la produzione di querce vecchie o danneggiate dagli incendi, che non producono più sughero di buona qualità. Dopo 10 anni si procede alla seconda estrazione, che darà luogo finalmente a del sughero gentile, anche se ancora le sue caratteristiche non sono ottimali per la lavorazione e si deve effettuare una gran percentuale di scarto. Solo alla terza estrazione si avrà finalmente del sughero pienamente lavorabile e di ottima qualità per la produzione di tappi, principale settore di trasformazione nei sugherifici. Va però detto che non tutto il sughero di una foresta è lavorabile: mediamente si riesce a lavorare il 50%, a volte solo il 20% e al massimo, in una foresta davvero buona, l'80%.
Il primo passo verso la stagione della raccolta del sughero lo si fa all'inizio della primavera, quando le giornate si allungano e il clima si fa meno rigido : è il momento delle trattative. Già questa è una fase abbastanza difficile e faticosa, perché, dopo essersi incontrati coi proprietari delle sugherete, bisogna effettuare una stima della qualità e della quantità del sughero. Cosa non facile neanche per un occhio esperto, spesso quel che sulla pianta sembra essere un buon sughero si rivela poi di qualità inferiore alle aspettative. Si deve girare tutto il bosco, pianta per pianta, e cercare di capire il peso e le caratteristiche del materiale. Possono essere indicatori del tipo di sughero il colore e la conformazione della schiena, cioè la parte esterna, l'unica analizzabile sulla pianta, lo spessore, lo stato di salute delle querce, ma anche il tipo di terreno e la macchia consociata possono dare ottimi suggerimenti. Si deve camminare per intere giornate lungo terreni accidentati, quasi sempre in collina o montagna, perché è qui che si trova la maggior parte del sughero in Sardegna. E dopo tutto questo darsi da fare e sudare non è detto che ci si metta d'accordo per l'acquisto, ritrovandosi cosi ad aver inutilmente sprecato giornate e fatica.....
Ai primi di maggio, e sino alla fine di agosto, come stabilito dalla rigorosa legge che la regolamenta, si è finalmente pronti per dare avvio all'estrazione. La prima cosa da fare è effettuare una comunicazione al Corpo Forestale, che ha il compito di controllare che tutto venga svolto correttamente in osservanza della scrupolosa tutela a cui sono sottoposti la quercia da sughero, il territorio e la macchia su cui si interviene. Scrupolosa tutela necessaria data l'enorme importanza che questo habitat ha per l'ecosistema e per le sorti dell'ambiente in cui viviamo noi tutti, uomini e altri animali.
E così, d'improvviso, la foresta si anima di un'insolita laboriosità, suoni e rumori, voci, canti, urla e...bestemmie: è arrivato l'uomo. Comincia la raccolta del sughero.....
Gli operai specializzati nella decortica sono detti estrattori o scorzini: veri e propri marinai di foresta, essi agiscono in maniera altamente ecosostenibile col solo ausilio di un'accetta, delle loro forze e della loro navigata esperienza. Non c'e mezzo meccanico o tecnologico che possa sostituirli. E' un'operazione invariata da millenni, un rapporto semplice e diretto: l'uomo e la natura. L'attrezzo di lavoro è un'accetta, quasi sempre artigianale, vista anche la bassa richiesta dovuta al limitato numero di scorzini, forgiata da mani esperte di una vecchia esperienza. Ogni estrattore ha la sua preferita e personale, compagna da anni e di cui conosce segreti e dinamiche, affilata al pari di una lametta e gelosamente custodita. Gli scorzini lavorano in coppia, e tra loro deve esserci anche un certo affiatamento, indispensabile date le difficili condizioni di lavoro e i rischi connessi. In caso di alberi enormi, dove è necessario anche salire sui rami oltre 4-5 metri, si lavora in 2 coppie per rendere meno faticosa e lunga l'operazione.
Stando ai fianchi opposti della quercia, gli scorzini effettuano con precisione alcuni tagli. Uno orizzontale lungo tutta la circonferenza, ad una altezza da terra che varia in base alle dimensioni della pianta da 1,50 sino a 2-3 metri. Questo taglio è detto corona, o collana e deve essere eseguito con forza e precisione: una corona è fatta bene solo se ha una determinata inclinazione rispetto alla verticale dell'albero, se segue una linea dritta e se la sua superficie viene netta e liscia. E' definibile la firma di ogni scorzino, e solo dopo parecchi anni di esperienza si riesce a fare corone perfette di cui fare vanto e orgoglioso confronto con quelle dei colleghi.
Gli altri tagli, almeno due ma anche di più in base alla grandezza dell'albero, detti aperture o righelli, seguono la verticale dell'albero e tracciano quelle che saranno le diverse porzioni di corteccia da staccare, che vengono chiamate plance e devono avere una certa regolarità di forma e dimensione per facilitare sia le operazioni di carico che quelle di lavorazione in sugherificio.
E' questa, il taglio di corona e righelli, la fase più delicata dell'intero lavoro. Si deve infatti agire imprimendo una certa forza all'accetta, ma al contempo si deve avere la sensibilità di non arrivare a incidere e danneggiare lo strato sottostante al sughero, il fellogeno, un meristema di vitale importanza per la salute della pianta. Volgarmente questo livello viene chiamato la mammina, a indicare la sua essenziale importanza nella vita della quercia.
Se infatti possiamo definire il sughero come un cappotto, composto da cellule morte, di anno in anno rinnovate, e quindi non più indispensabile per la sopravvivenza dell'albero, il fellogeno è definibile la pelle della quercia, colui che rigenera le cellule e in cui scorre la linfa, che porta nutrimento dalle radici alle chiome. Il suo danneggiamento causa prematura rovina, e persino la morte, della quercia. E' per questo che è indispensabile una buona esperienza e una pratica accorta e responsabile da parte degli operai, da loro dipende il futuro delle querce su cui intervengono. L'operazione successiva è il distaccamento delle plance: prima col retro dell'accetta si deve colpire, in gergo bussare, la plancia lungo tutta la verticale dei righelli, poi il manico dell'accetta, che ha l'estremità sagomata a cuneo, viene delicatamente infilato nelle aperture e usato come leva per ottenere il completo distacco del sughero.
E' evidente che solo personale qualificato può svolgere questo lavoro, un lavoro per cui necessitano conoscenze di tecniche e movimenti convenzionati: si deve entrambi sapere cosa sta facendo o sta per fare il collega e solo con l'esperienza e il rispetto di regole imparate con la pratica lo si può capire, anche solo con uno sguardo o dal suono percepito, per ridurre al minimo il rischio di farsi male con l'accetta, cosa che comunque, purtroppo, può a volte capitare. Soprattutto quando la fatica comincia a farsi sentire, e bastano alcune ore perché si faccia sentire, e non si ha più la completa lucidità. Ancor di più a stagione inoltrata quando, a causa della persistente durezza del lavoro, dolori, piccoli crampi, formicolii e epicondiliti diventano cronici, rendendo difficili anche gesti quotidiani quali guidare o più semplicemente tenere oggetti fra le mani, come ad esempio un bicchiere o una posata, e spesso non abbandonano lo scorzino neanche durante il sonno.
Effettuata la decortica le plance, sparse sotto gli alberi, vanno raccolte e ammucchiate. E qui interviene un altro figura immancabile nella stagione della raccolta del sughero: il raccoglitore. Il suo compito è quello di prepararsi dei fasci di sughero, che possono pesare dai 20 ai 50 kg, e trasportarlo sulle proprie spalle sino al più vicino punto accessibile da camion o trattori, che a volte può essere a 30 metri, ma a volte anche 100 o più. Quasi sempre, a complicare le cose, in salita o discesa e nel bel mezzo di avvinghiante sottobosco. E' anche lui un operaio che non può mancare di una certa esperienza, sopratutto nel sapersi muovere e camminare nel bosco in montagna , di una buona preparazione fisica, di abnegazione e volontà. Non è raro che i novizi mancanti di queste doti abbandonino l'impresa dopo pochi giorni, o addirittura poche ore, dalla loro assunzione. E' probabilmente un lavoro ancora più duro di quello dell'estrattore, anche se dipende molto dalle varie situazioni: può capitare, se il percorso è breve e semplice, che tra un viaggio e l'altro faccia in tempo a fermarsi anche un buon quarto d'ora, prima che gli scorzini abbiano estratto abbastanza altro sughero da trasportare con un solo carico, ma se il terreno è difficoltoso, allora non riesce neanche a star dietro a chi estrae e deve darsi un gran, e faticoso, daffare.
Tutti gli scorzini hanno cominciato la loro carriera facendo dapprima i raccoglitori. Per almeno un paio di stagioni si sta dietro agli estrattori, si cerca di stare attenti per carpirne tecniche, movimenti e segreti, si ascoltano consigli e spiegazioni. Poi, nei giorni in cui il lavoro di raccolta lascia momenti liberi, si comincia, tra prese in giro, rimproveri e suggerimenti, a provare l'uso dell'accetta. Quando il raccoglitore verrà considerato in grado di farlo, lo si promuove scorzino, ma passeranno altri anni prima che possa davvero conoscere e padroneggiare a fondo il lavoro.
Oltre alle difficoltà del lavoro in se, ciò che più influisce negativamente sugli operai è il non trascurabile fattore ambientale: le sugherete si trovano quasi sempre in terreni scoscesi, caratterizzati da forti pendi, spesso su suoli rocciosi che si presentano scivolosi e insidiosi, con guglie appuntite o buche nascoste, crepacci, e mille altri inciampi. Vien da pensare che le querce lo facciano apposta a crescere nei punti peggiori, a volte non si riesce a stare in piedi mentre si colpisce con l'accetta. E i raccoglitori sono avvezzi a scivoloni e cadute peggiorate dall'avere in spalla decine di kg. E ancora sono da ostacolo la vegetazione e certi fastidiosissimi insetti.
La prima, solitamente fitta e selvaggia, composta da essenze spinose, da rovi e cespugli ingarbugliati e avvinghianti, dove è difficile penetrare e farsi spazio e in cui è facile perdersi senza vedere più in la di un metro da dove si è. I secondi, minuscole creature spesso invadenti e pungenti, quali moscerini, zanzare, api selvatiche che si nascondono nelle cavità delle querce, e sopratutto le sempre presenti formiche rosse, storiche ed eterne nemiche dei sugherai, battagliere dai pizzichi insopportabili che fanno perdere ragione e lucidità causando una sorta di nevrosi collettiva e incontrollabile. Il tutto a temperature sovente superiori ai 35°, a volte anche supportate da asfissianti venti di levante.
Non è che la situazione sia sempre cosi estrema, e non sempre tutti questi disturbi concorrono simultaneamente, ma lo è comunque nella maggior parte della stagione. In più c'è da aggiungere un'ubicazione delle foreste solitamente lontana da strade battute, che obbliga a tragitti lunghi anche un ora e mezzo o due, a volte raggiungibile solo con trattori e fuoristrada dopo chilometri di sballottamenti, o dopo interminabili camminate, con in spalla attrezzi e viveri necessari, lungo percorsi impervi, o al massimo, quando va bene,su vecchi e poco battuti sentieri ormai in abbandono: insomma si deve spesso uscire da casa alle quattro del mattino.
Un ambiente sicuramente ambito da avventurieri ed esploratori, incontaminato, un vero paradiso della natura: già, ma "solo se visto da lontano o in televisione", vi obbietterà qualsiasi estrattore....
Un lavoro davvero pesante e fisicamente traumatico: 7-8 ore a picchiare con un'accetta di oltre 1 kg, a salire e scendere dagli alberi, affrontando un ambiente non esattamente ospitale e con la necessita di tenere sempre alte concentrazione e attenzione. Eppure qualsiasi scorzino vi dirà che è contento e orgoglioso di questo lavoro che si stanca, ma anche affascina e diverte. A lavoro si chiacchiera, si scherza, ci si prende qualche pausa, si impreca, si canta e si fischia, si esplora la zona: vecchie costruzioni, nidi e tane, si incontrano volpi e cinghiali. Si pranza protetti da ombre di secolare memoria e si scambiano esperienze e racconti dai diversi paesi di provenienza. Ognuno può dire la sua.
Un mestiere quello della raccolta del sughero che non molti possono vantare di praticare e di essere in grado di farlo, che accresce sicuramente l'autostima e che fa sentire realizzato chi lo pratica. Per nulla alienante, lontanissimo da una qualsiasi catena di montaggio o da altri lavori schematici e obbligati a tempi e metodiche prestabiliti e poco a misura d'uomo, e dispensatore, nel risultato finale dell'operare, di soddisfazione e diretto riconoscimento. Ancestrale nei modi e nello spirito, riporta l'animo a sensazioni ataviche, l'uomo, gli elementi e nient'altro, che ormai pochi nella civiltà moderna hanno il privilegio di poter sentire. Il primigenio confrontarsi con la natura, rispettata ma non temuta da chi sa che non può fare a meno di doverla sfidare.
Infine un'invito a tutti voi: se vi trovate a passare in Sardegna da Maggio ad Agosto e avete interesse ad assistere dal vivo all'estrazione e raccolta del sughero, non esitate a contattarci (info@agricura.it), sarà nostro piacere avervi tra noi e illustrarvi tutta il fascino di questo ancestrale mestiere: http://agricura.it/laboratorio-estrazione-sughero/
Ci vediamo in foresta 😉
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