Anguria di Gonnos, storicità e connotazione simbolica.
Anguria di Gonnos, perché definirla storica e quale è la sua importanza simbolica e reale.
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La storicità deriva dal fatto che abbiamo documenti di oltre un secolo fa che ne attestano la sua diffusione e fama in tutta l'isola.
Ci riferiamo nello specifico a un manuale sulle varietà agricole e faunistiche della Sardegna del 1905 (di cui riportiamo la pagina in cui è citata l'anguria di Gonnos), dove la nostra anguria viene annoverata come la più buona in Sardegna. Questo ci fa di conseguenza capire che, per essersi conquistata tale fama in quell'epoca, doveva essere coltivata e in circolazione già da parecchio tempo prima, cioè possiamo tranquillamente supporre che la nostra varietà d'anguria fosse già prodotta almeno da metà del 1800, e forse anche molto prima, ma di ciò non abbiamo sufficienti documentazioni.
Altri importanti documenti sono quelli che abbiamo utilizzato per veder riconosciuta l'anguria di Gonnos, sa Srindia de Gonnos (che erroneamente al ministero è stata registrata come sa Sindria de Gonnos, utilizzando la denominazione dell'ortaggio propria della zona di Cagliari, un controsenso dal momento che parliamo di prodotto tipico ad altissima connotazione territoriale e che per questo dovrebbe conservare il nome con cui è conosciuta nella zona d'origine, Gonnosfanadiga, dove appunto anguria si dice Srindia), come prodotto tipico e territoriale dal Ministero per le Politiche Agricole. Questi documenti sono i quaderni di campagna di mio nonno, Peppino Maccioni, e risalgono al 1930 circa. Da questi quaderni, presentati al ministero assieme a una videointervista da noi realizzata andando ad incontrare gli anziani del paese per farci spiegare meglio segreti, curiosità e caratteristiche della nostra Srindia ( cliccando qui potrete dare uno sguardo al video delle interviste), si è provato quanto l'anguria di Gonnos fosse importante per il territorio e come essa venisse esportata ben oltre i confini paesani.
Qui mi permetto un breve, ma ritengo meritatissimo vista la notorietà che ancora riscuote tra gli anziani del paese a 50 anni dalla sua morte, elogio di nostro nonno: era un gran coltivatore, tanto di angurie quanto di altri ortaggi, era cioè un "otuanu" (ortolano), come si dice da queste parti. Era anche gestore di oleifici, e quindi buon esperto, in rapporto ai tempi, di olio d'oliva. Insomma, il nostro know how aziendale ha radici antichissime e altamente qualificate, sia per quel che riguarda l'anguria di Gonnos, che per quanto concerne l'olio extravergine di Gonnosfanadiga. Professionalità e passione che si tramandano da un secolo. Ne siamo davvero orgogliosi 🙂
E soprattutto era, cosa rara per quei tempi, alfabetizzato, da autodidatta, e aveva una gran passione per la lettura e per la scrittura; e uno spiccato senso della razionalità e del metodo nell'applicarsi alle sue professioni, altra cosa non comune all'epoca. Da qui l'abitudine a tenere sempre tutto il suo lavoro registrato e catalogato, sia come contadino che come produttore d'olio a Gonnosfanadiga. Abitudine che per noi è stata una fortuna, perché ci ha dato modo di dimostrare come già un secolo fa la nostra anguria fosse coltivata e distribuita in tutta la Sardegna. In queste immagini potete vedere alcune pagine dei suoi quaderni, sia quelle riguardanti l'orto e l'anguria di Gonnos, sia i registri dei frantoi che gestiva. Insomma Agricura raccoglie una antica e proficua eredità, sia per l'esperienza sul campo che per l'attitudine a far le cose bene, farle innovando e con raziocinio. Grazie nonno, a nome nostro, dell'anguria di Gonnos, e di un intero territorio che grazie al tuo meticoloso lavoro oggi può vantare un prodotto d'eccellenza riconosciuto tale.
Tornando alla nostra anguria di Gonnos, appurato il perché della sua indiscutibile storicità, cerchiamo di capire perché è un simbolo tanto importante.
Anzitutto lo è per la comunità locale, perché in essa vi si è sempre riconosciuta. Al pari forse solo degli ulivi, le olive e l'olio che se ne ottiene, altro vanto di Gonnosfanadiga. Non vi era screzio peggiore per un gonnese che vedere altre angurie spacciate per quella di Gonnos, consuetudine che si verificava spesso proprio perché in tanti al di fuori del nostro paese cercavano di sfruttare la popolarità della nostra produzione esclusiva.
Ma anche a livello nazionale e mondiale, in un epoca di monopoli e brevetti, monocolture e coltivazioni poco etiche, diventa importantissimo poter portare un esempio di produzione locale, con una sua storia e con un'appartenenza collettiva, cioè un seme di tutti, un seme selezionato naturalmente dalla comunità, dalle sue esigenze, in simbiosi col territorio, un seme simbolo di agrobiodiversità, quella biodiversità che invece le omologazioni della globalizzazione stanno pian piano impoverendo e facendo scomparire, con grave danno per l'intero ecosistema del pianeta e per le nostre possibilità di scelta e di autodeterminazione alimentare. Sì, quest'anguria può assurgere al ruolo di emblema della lotta per la sovranità alimentare. Contro i brevetti dei semi, contro l'obbligatorietà di certificazione delle sementi e per la libertà di auto riproduzione delle varietà.
Concetti ci cui già sappiamo, ma che non sempre teniamo nella giusta considerazione o che sottovalutiamo per mancanza di confronto.
È stato argomento di discussione anche in un recente incontro internazionale sulle biodiversità, quello avuto in occasione del raduno di Genuino Clandestino (svoltosi in Sardegna non a caso: nell'isola la comunità di contadini genuini e un po' ribelli è in continua crescita e in positivo fermento), dove è saltato fuori che davvero il mondo contadino, tanto quello a noi vicino della penisola italiana, e mi riferisco pure a realtà tra le più militante nella contrapposizione anti multinazionali, quanto quello più lontano dei campesinos sudamericani, è in una situazione di costrizione agricola, perché non può più contare su varietà proprie da poter coltivare. Ci si ritrova sempre più costretti a rivolgersi a ditte sementiere monopoliste, ai loro ibridi che non sono riproducibili nelle generazioni future, rendendoci obbligati a riacquistare di anno in anno sempre nuove sementi. In Sardegna invece siamo in una situazione anomala e fortunata, dal momento che abbiamo ancora in vita, praticate, e migliorate con selezione partecipata, come da millenni si migliora e si seleziona in agricoltura secondo buone prassi di scambio di materiali e di saperi.
A tal proposito val la pena ribadire come l'attuale filosofia dell'open source, delle sorgenti aperte della conoscenza da cui chiunque può liberamente attingere e chiunque può liberamente alimentare, filosofia che tanto sta dando al mondo delle tecnologie e dell'informatica in particolar modo, che da tanti viene vista come una novità del nostro millennio, altro non è che l'erede della filosofia che sta alla base, sin dai primordi, della crescita agricola e della civiltà, che su basi open source ha sempre costruito la sua fortuna e il suo sviluppo. La soluzione sta proprio nello scambio libero dei nostri semi, nella selezione partecipata, che combina l'azione dei contadini con quella del territorio in cui le varietà vengono coltivate.
Certo, la soluzione non è la nostra anguria di Gonnos, che se male interpretata può anche diventare una semplice macchietta folkloristica, ma lei può essere esempio di biodiversità tipica davvero viva, e punto di partenza esemplare per il recupero di vecchie varietà da salvaguardare o migliorare, e da affiancare a nuove biodiversità, per ottenere una auspicata crescita del nostro patrimonio varietale, per riavere tutta quella ampia, libera e vitale possibilità di scelta che negli ultimi 50 anni è venuta a mancare in maniera repentina. Già, un lavoro di millenni dissipato, a causa dell'avidità di pochi, in pochissimi decenni. Ma siamo ancora in tempo per porre rimedio, e possiamo farlo soprattutto, anzi solo, noi agricoltori, noi aziende agricole, scegliendo di puntare nuovamente su modalità e su metodiche che ci svincolino dalle abitudini e dai modelli che ci hanno circuito, quasi senza che ce ne accorgessimo, costringendoci in un circolo vizioso da cui risulterà sempre più difficile venir fuori.
Che dire, sono stato anche troppo lungo, non mi resta che invitarvi a venire in estate per poter assaggiare le nostre angurie di Gonnos e a contattarci per scoprire dove poterle acquistare, ne beneficierà la vostra soddisfazione e darete una mano a noi che ci impegniamo in questo difficile lavoro di emancipazione da modelli omologanti, di salvaguardia e tutela, di rispetto per ambiente e biodiversità. Ricordate sempre che siete i nostri coproduttori, dalle vostre scelte alimentari dipende il futuro della nostra ecologia e della nostra economia, non lasciatevi incantare da false sirene, e chiedete sempre di sapere esattamente cosa state comprando. E non dimenticate neanche di venirci a trovare, siamo sempre a disposizione e lieti di mostrarvi dal vivo il nostro lavoro e di darvi la certezza che il vostro investimento nelle nostre produzioni darà i frutti migliori. Per tutti, ma soprattutto per chi dovrà avere in eredità il pianeta.